Volteadas del viento.

Se ne stanno lì, su colline morbide, fatte apposta per farci cambiare strada; un piccolo moto ondulatorio della superficie terrestre, che rimane nel quadrante più esterno dello sguardo, che poi è quello riservato ai segreti. 

Chissà se lo sanno, i mulini a vento, di essere diventati un modo per dire: ecco, una battaglia vana e inutile contro qualcosa che non esiste. All'inizio del sentiero, alcuni tavoli di legno ospitano pranzi domenicali. Altri camper hanno parcheggiato in questa terrazza vista Mancha, che promette un tramonto polveroso e senza scossoni, di un giorno uguale all'altro, anche se non per me. Essere qui, ora, è un tunnel spaziotemporale che mi riporta a quando ero io Don Chisciotte, almeno in qualche scalcagnato teatro, abitavo in un'altra città e le persone più importanti della mia vita di adesso non esistevano o esistevano in tutt'altro mo(n)do. 

Cammino guardando con meraviglia la distanza che ha percorso quella ragazza lì. Mi sembra di aver vissuto mille vite, nel frattempo. Ho perso il conto dei traslochi, dei lavori, dei progetti. Osservo i miei ultimi vent'anni come se fossero uno di quegli esperimenti di chimica, dove una sostanza muta, assumendo forme geometriche all'apparenza del tutto casuali.

Eppure non sono mai stata così simile alla me di quel tempo. Una versione un po' acciaccata e magari saggia; con meno rabbia e meno paura. Una versione che ha fatto il giro largo, passando vicina - e talvolta toccando, chissà - a poli opposti rispetto a ciò che per me ha sempre avuto importanza. Sono stata a lungo qualcuno in cui stento a riconoscermi. Eppure era solo l'altro ieri. 

Ora sono tornata. Miro "lo que parecen brazos", che però non si muovono con il vento. Sancho, magari avevi ragione tu e non eri un codardo, ma solo uno che sa vedere le cose per come sono. Però, se penso a tutto ciò che mi è sembrato vero e poi alla fine non è mai esistito, sai che ti dico? 

Che anche a me sembrano dei giganti.